C Era Una Volta... by Agatha Christie

C Era Una Volta... by Agatha Christie

autore:Agatha Christie [Christie, Agatha]
La lingua: eng
Format: epub
Tags: Giallo
pubblicato: 2010-09-01T22:00:00+00:00


CAPITOLO XIV

Primo mese d'estate - 25° giorno

Al ritorno dei membri della famiglia dopo aver firmato l'atto che stipulava la comproprietà del podere davanti al Tribunale del Nomarca, tutti apparivano felici. Unica eccezione era Ipy, escluso all'ultimo momento dalla compartecipazione perché troppo giovane. Molto contrariato abbandonò la casa. Imhotep di buon umore ordinò che fosse portato un barilotto di vino e lo fece mettere sotto il portico.

«Devi bere, figlio mio» dichiarò a Yahmose, dandogli colpetti sulla spalla. «Devi scordare lutti e dolori. Pensiamo ai bei giorni che verranno.»

Imhotep, Yahmose, Sobek e Hori bevvero. Poi venne la notizia del furto di un bue, e tutti si allontanarono di corsa per indagare sul fatto. Quando Yahmose rientrò un'ora dopo nel cortile, era stanco e accaldato. Sedette vicino alla botticella e cominciò a sorseggiare il vino. Un po' più

tardi arrivò Sobek ed esclamò contento:

«Ahi Dell'altro vino! Beviamo al nostro futuro, finalmente assicurato. Questo è un giorno di gioia per noi, Yahmose!»

Yahmose assentì.

«Sì, in verità, ci renderà più facile la vita.»

«Ti esprimi in modo troppo modesto, Yahmose.»

Ridendo, Sobek tracannò un'intera coppa di vino e schioccando la lingua si ripulì la bocca.

«Voglio vedere se mio padre insisterà con le sue idee fuori di moda. Forse riuscirò a convincerlo ad aggiornarsi.»

«Ci penserei su, se fossi in te» consigliò Yahmose. «Non essere precipitoso.»

Sobek sorrise allegramente.

«Vecchio posapiano» disse in tono scherzoso al fratello. Senza darsi per vinto Yahmose disse:

«È meglio, credimi. A parte tutto, mio padre è stato molto buono, non vorrei contrariarlo.»

Sobek lo osservò.

«Vuoi bene davvero a nostro padre? Sei buono! Io non mi interesso a nessuno all'infuori di me! Evviva!»

Bevve un altro sorso di vino.

«Stai attento» consigliò Yahmose. «Non hai quasi mangiato, e se si beve a digiuno...»

S'interruppe con un'improvvisa smorfia delle labbra.

«Cos'hai, Yahmose?»

«Nulla... un dolore improvviso.»

Si deterse il sudore dalla fronte.

«Sembra che tu non stia bene.»

«Finora sono stato benissimo.»

«Se nessuno ha avvelenato il vino...» Sobek rise, e stese il braccio verso la bòtte. Di colpo il braccio gli si irrigidì, e il corpo si contorse in uno spasimo di agonia.

«Yahmose» balbettò «Yahmose, anche io...»

Yahmose, cercando di avvicinarsi, si piegò con un debole grido. Sobek si torceva dal dolore. Disse ad alta voce:

«Aiuto... Un medico, un medico.»

Henet uscì di corsa dalla casa.

«Hai chiamato? Cosa c'è?»

Le sue grida fecero accorrere gli altri.

I due fratelli si torcevano negli spasimi. Yahmose, disse con voce rotta:

«Il vino... Veleno... chiamate un medico!»

Henet emise un grido.

«Che disgrazia! Questa casa è maledetta. Correte a chiamare il Padre Divino Mersu. È un medico di grande esperienza.»



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